Karl. EGGER, Canonici Regolari, da “Dizionario degli Istituti di Perfezione”, vol. II, ROMA 1975, pag. 46-65.
Dalla DECLARATIO del Consiglio Primaziale del 1969:
I Canonici Regolari sono per loro natura chierici, che partecipano del sacerdozio di Cristo, Salvatore del mondo; essi lo svolgono nella vita comune religiosa ossia nella “società della vita comune” ( S. Agostino ) per servire il popolo di Dio per la costruzione del corpo di Cristo che è la Chiesa”.
Le due caratteristiche fondamentali della vita dei Canonici Regolari sono:
1- stato ed ufficio clericale
2- vita comunitaria religiosa con l’osservanza dei consigli evangelici.
I. Dalle origini fino alla Riforma Gregoriana
Il Canonico Regolare è fin dalle origini un chierico che osserva un tipo di vita regolare, addetto ad una determinata chiesa, perciò è in stretto contatto con il vescovo e la diocesi. Errato è in ogni modo intendere il termine Canonico nel senso di “colui che segue una regola” (unito a Regolare sarebbe anche una ripetizione senza senso). Il latino Canon, da cui il termine deriva, significa pure elenco – misura (ad esempio il canone delle Sacre Scritture ) ed è in tal senso che dobbiamo intenderlo. Quindi il Canonico Regolare è fin dai primi secoli dell’era cristiana, un chierico iscritto nell’elenco di una chiesa locale o nel presbiterio soggetto al vescovo (perciò distinto dai Chierici vagantes addetti a chiese private, tipiche feudali, o ad una parrocchia appartenente ad un monastero come troviamo già nei sec. V – VI ). Quella del Canonico Regolare è una vita clericale, religiosa pienamente inserita nella diocesi
L’Istituto canonicale trae le sue origini da comunità clericali che, per opera di zelanti Vescovi, sorgono qua e là quando la Chiesa, dopo le persecuzioni, poté organizzarsi in modo più perfetto.
La prima forma di vita religiosa fu quella monastica ( sia eremitica sia comunitaria ).
I monaci erano perlopiù laici ritiratisi per servire Dio. Nacque comunque il bisogno di unire la vita monastica a quella clericale e portare la vita monastica nelle città al servizio del popolo di Dio.
Prime testimonianze in occidente
- S. Eusebio ( IV sec. ) Vescovo di Vercelli, congiunse per primo in occidente le mansioni
della vita clericale con le osservanze monastiche.
- S. Zeno (IV sec. ) Vescovo di Verona, viveva monasticamente con il clero della sua
Chiesa.
- Gran realizzatore di quest’ideale fu S. Agostino Vescovo d’Ippona, che volle possedere nella casa episcopale con sé, un monastero di chierici ( sermone 355 ). Prima di allora il termine Monasterium indicava la residenza solitaria di un anacoreta o di monaci viventi nelle “laure”. Già dai tempi di Agostino in ogni modo la differenza era sentita in quanto non erano più chiamati monaci ma Servi di Dio o Clerici.
Nel monastero di Ippona troviamo tutti gli elementi di una vita religiosa clericale:
a- rinunzia completa ad ogni proprietà privata ( Agostino insiste molto su questo )
b- castità
c- obbedienza ( fatta volentieri! )
d- carità ( “tutti erano un cuor solo ed un’anima sola”)
Il modello adottato da S. Agostino è la comunità apostolica di Gerusalemme. Egli gestiva la vita comunitaria con grande moderazione ( ci riferisce S. Possidio, suo biografo ), non vi erano le austerità tipiche della vita dei monaci nel deserto.
Alcuni membri di questa comunità, in seguito divennero Vescovi ed a loro volta introdussero nelle loro sedi quanto vissuto con Agostino. Tali esperienze, nel nord Africa scomparvero a causa delle successive vicende storiche ed in modo particolare con l’invasione vandalica. Nulla di certo comunque si sa sulla Regola di s. Agostino e sulla sua diffusione.
- In Europa, subito dopo, troviamo S. Paolino di Nola ( fine IV sec. ) e S. Ilario d’Arles ( inizio V sec. )
- S. Gregorio Magno ( sec. VI ) favorì questa forma di vita.
Nel Medioevo
Fu questo un periodo in cui le comunità canonicali aumentarono grandemente ed al termine Canonico venne attribuito il significato specifico di regola – canone ( così ci testimonia S. Egberto di York ).
Grande importanza è da attribuire a S. Crodegango di Metz che scrisse una regola ( 751 – 755 ) per i suoi “Clerici Regolari”, che ebbe grande diffusione. In essa emerge una Professio canonica pienamente distinta da quella monastica ( sino al sorgere degli Ordini Mendicanti, saranno le uniche due professioni religiose ).
La Regola di Crodegango è molto attenta alla liturgia ed impone una vita religiosa assai austera con digiuni, clausura, un capitolo giornaliero insieme a numerose altre osservanze. Molto più blanda è invece nei confronti della proprietà privata. I Canonici donavano alla Chiesa i beni immobili ma ne conservavano l’usufrutto, restavano anche proprietari dei beni mobili; chi voleva poteva privarsi di ogni proprietà personale, il vescovo avrebbe badato al suo necessario.
I Canonici sono quindi ben distinti dai monaci, ma già dal 802 è accertata l’esistenza di due tipi di Canonici; a Tours un Concilio parla infatti di: Canonici sub episcopato del Capitolo della Cattedrale e Canonici sub Abbate del Capitolo collegiale.
Nel periodo Carolingio
Si sviluppa la parte organizzativa ma diminuisce il fervore evangelico.
Con il Sinodo di Aquisgrana, indetto nel 816 da Ludovico il Pio, viene elaborata una regola da applicare in tutto l’impero. Essa sarà molto indulgente nei confronti della proprietà privata ed imporrà una vita comunitaria austera spesso simile a quella monastica.
Nell’età Carolingia, il Canonico che vive in comunità, non abbandona del tutto il mondo, può svolgere una funzione nella cura delle anime, tuttavia vive in un monastero soggetto a prescrizioni claustrali ( Hildesheim, centro tra i più famosi ed austeri). In questo periodo saranno molti i centri di vita comunitaria canonicale.
Alla fine del se. IX, si alzano voci per proclamare che è impossibile conciliare le esigenze della vita comune, così austera, con gli obblighi del ministero pastorale (Concilio di Reims nel 874).
Al di là di questo, nel periodo seguente i tempi per la Chiesa peggiorarono: molte grandi istituzioni decaddero grandemente, i beni dei Capitoli non erano più amministrati da un singolo ma separatamente da ciascun componente, dando così vita al sistema beneficiario ( le prebende ), la Santa Sede perse la sua autonomia nei confronti del potere civile ed anche l’Istituto Canonicale entrò in una grande crisi.
C’era bisogno di una riforma generale e questa prese l’avvio da Cluny e da Gorze, sotto l’impulso di grandi santi ( Romualdo, Pier Damiani, Gualberto… ). Predicatori vaganti insistevano perché la Chiesa tornasse alla purezza delle origini, alla vita apostolica. Con Ildebrando di Soana ( futuro papa Gregorio VII ) cominciò l’opera riformatrice della Chiesa ed anche il rinnovamento dell’Istituto Canonicale.
II. La Riforma Gregoriana e l’Ordine Canonicale
Già prima del 1059 ( anno del Sinodo Lateranense ) in molti Canonici si era fatto avanti il desiderio di rinnovare il proprio istituto ( 1039 S. Rufo di Avignone, poi in Provenza, Lazio, Toscana e Lombardia ) favoriti da vescovi o governanti civili.
Con il Sinodo Lateranense, la Chiesa prende posizione in modo chiaro riguardo al riordino della disciplina ecclesiastica. Molte le disposizioni sulla vita della Chiesa che vennero prese in considerazione, tra queste, ( qui l’oratore del Sinodo, Ildebrando, ebbe un ruolo di primissimo piano attaccando duramente la regola di Aquisgrana per la troppa indulgenza verso la proprietà privata ) anche le norme di vita degli Istituti Canonicali. Dalle parole di Ildebrando e da quelle del Papa Niccolò II, si desume ci fosse una forte controversia tra i vari Istituti proprio riguardo alla regola di Aquisgrana. Alla fine la Santa Sede riprovò i capitoli della regola relativi la proprietà privata e l’uso di cibi e bevande. Il Sinodo nel Capitolo quattro decretò:
- vita e beni in comune per coloro che vivevano come religiosi presso le chiese
- messa in comune dei proventi delle rispettive chiese ( prebende )
- ritorno alla vita apostolica - comunitaria.
Va comunque sottolineato il fatto che si volle riformare un’istituzione religiosa già esistente e non fondare un nuovo ordine, non si impose una nuova regola ma si corresse quella in uso. Altro fatto importante da tener presente è che per la prima volta la Chiesa approva in modo ufficiale la vita religiosa clericale ( finora erano stati singoli Vescovi o governanti ad istituirla ).
Non fu semplice far accettare questo ritorno alla vita apostolica. Per molti era un ledere diritti ormai acquisiti, d’altronde il sistema beneficiario era molto radicato e spesso la vita comune nelle varie chiese era del tutto cessata. A causa di ciò si giunse alla netta distinzione dell’Istituto Canonicale in Secolari e Regolari. I primi non accettarono la riforma e si fusero del tutto con il clero secolare, mentre prima avevano mantenuto una fisionomia propria. I secondi accettarono la riforma, spesso però allentando il vincolo intimo che prima li univa alla diocesi; la vita austera, accolta con entusiasmo, spesso era simile a quella monastica e ciò fu da subito causa di accese controversie. I Canonici Regolari ( ormai il nome è questo ) iniziarono a riformare i capitoli cattedrali o collegiati presso cui vivevano in comunità, soprattutto nei paesi neolatini ove era partita la scissione. Spesso Vescovi o principi o capitoli favorevoli alla riforma, affidavano loro una chiesa o una cappella con terreni, a volte la culla era proprio un eremo ove chierici e laici si associavano ad un eremita illustre per santità. Sorse pian piano la necessità di dare un ordinamento a tali gruppi.
Un altro esempio riguarda gli Ospizi. Siamo nel periodo in cui commercio e pellegrinaggi si intensificano, sorgono perciò luoghi ove l’ospitalità cristiana è vissuta in modo pieno come opera di carità. Chierici deputati a ciò dovettero scegliere quale forma di vita seguire (ad esempio i Canonici Regolari della Congregazione Ospitaliera del Gran San Bernardo ).
Secolo aureo per l’Ordine Canonicale fu il XII. Sorsero numerose Abbazie in Francia, Inghilterra, molte Prepositure soprattutto in Germania e molti Priorati in modo particolare in Italia, Portogallo ed Inghilterra. Sovente troviamo una casa centrale con nella zona dipendenze di priorati e parrocchie, non costituenti una congregazione vera e propria ma con case giuridicamente tra loro equiparate. E’ in questo periodo che si inizia ad introdurre nell’Ordine la Regola di s. Agostino.
Nel periodo della Riforma, i Canonici Regolari, oltre alla pratica della vita religiosa autentica, si occupavano di: ufficiatura ( buona parte della giornata ed alcune ore della notte ) e di ministero pastorale ( poco appariscente, a volte quasi nullo ). Spesso le parrocchie appartenenti ad una casa centrale erano amministrate da sacerdoti secolari, per non distogliere i Canonici dalla vita comune, dallo studio delle scritture ed altre discipline. Una cura particolare era data all’ospitalità, in un reparto apposito collocato fuori dalla clausura.
III. Dal periodo della Riforma Gregoriana al sorgere delle Congregazioni.
Dopo la fioritura ecco un nuovo declino, dovuto soprattutto alla mancanza di un organismo centrale e la quasi totale assenza di legami tra le varie Abbazie, Prepositure, Canonìe ecc…
Papi e Sinodi iniziarono a prescrivere periodiche assemblee capitolari per regioni, a favorire discussioni sulla riforma dell’Ordine, a nominare religiosi pii come visitatori affinché vigilassero sulla vita delle comunità ( prima di solito la normale vigilanza sulle case era affidata ai Vescovi ). Insomma, per la prima volta, si volle dare un assetto organico a tutto l’Ordine, anche se sembra che sul continente europeo, questi Capitoli provinciali non abbiano incontrato il favore di tutti i Canonici Regolari.
Questo provvedimento non rialzò le condizioni generali dell’Ordine, per cui Benedetto XII, con la bolla “Ad decorem Ecclesiae sponsae Dei” ( 15 - 5 – 1339 ) ordinò una riforma generale. Furono introdotte disposizioni dettagliate per tutti gli appartenenti all’Ordine, ormai presente in tutta Europa, su ogni aspetto della vita dei Canonici Regolari ( ammissione, formazione, ufficiatura, capitoli, studi, vestiti… ) e l’imposizione di Capitoli regionali ogni quattro anni. Ma le vicende politiche, questioni personali da parte di Vescovi e prelati, legati a forti interessi, e soprattutto lo scisma d’occidente con le sue funeste conseguenze, portarono l’Ordine quasi alla rovina.
Lungo fu il periodo di crisi finchè, a partire dal XVI sec., iniziarono a sorgere nuovi raggruppamenti e vere e proprie Congregazioni.
IV. Le Regole
Una delle caratteristiche dell’Ordine è la grande varietà di regole e statuti dovuta all’indipendenza delle case, dei raggruppamenti di esse e di Congregazioni. Spesso si parla di Regula ss. Patrum riferendosi però a brani patristici sulla vita del clero, che venivano letti e seguiti nelle varie comunità.
La prima vera regola canonicale fu scritta da Crodegango per i canonici della Cattedrale di Metz. In essa pare che egli codificasse, tra il 751 e il 755, consuetudini già vigenti con l’aggiunta di nuove osservanze tratte dalla regola di san Benedetto. Ebbe larga diffusione, fu riveduta e si sviluppò con varie redazioni che la resero più generale ( in quanto la prima era molto legata ai luoghi ed agli usi particolari di Metz ). La quarta redazione, ad esempio, è dell’inizio del X secolo e consta ormai di 84 capitoli ( dei 34 originari ) attingendo molto dalla regola di Aquisgrana, dai decreti del Sinodo di Parigi e da altre fonti.
La Regola di Aquisgrana è una raccolta di disposizioni di Sinodi e Capitoli i quali inculcavano ai Canonici l’osservanza della propria professione. E’ una regola generale per tutti i Canonici dell’impero, divisa in tre parti:
1- testi patristici
2- decreti e canoni dei vari Concili riguardo la disciplina del clero
3- norme per i Canonici ( tratte da Crodegango e da Benedetto ) circa l’Ufficio, dormitorio, refettorio, letture, silenzio ecc…
Come abbiamo visto, queste due regole erano molto indulgenti circa la proprietà privata e la misura del cibo e delle bevande; da qui le molte controversie e la condanna da parte del Sinodo Lateranense ( 1059 ).
Dopo il Sinodo abbiamo testimonianze della Regola di Aquisgrana emendata ( è la più antica testimonianza di regola dei Canonici Regolari riformati); la troviamo, per esempio, nel Codice Ottoboniano 38, ove si esprime molto chiaramente il ritorno all’ideale della vita comune perfetta, così anche nel Codice Vaticano lat. 4885, ove è presente una Regola di Aquisgrana senza i due capitoli incriminati sostituiti da prescrizioni tratte dalla regola di San Benedetto, passi della Scrittura e dei Padri sulla rinuncia alla proprietà…
Nei secoli XI e XII vi è ormai rifiuto per la Regola di Aquisgrana ( per di più imposta da un imperatore ), piuttosto si procede alla compilazione di regole nuove ispirate alla riforma. Sono solitamente regole abbastanza ampie con molto spazio dedicato agli ordinamenti liturgici, che rispecchiano gli usi della zona in cui vive la comunità, ed una forte austerità quasi monastica. Su questa linea troviamo La Regula Gregorii P.P. VII pro Canonicis Regularbus, La Regola Portuense (Ravenna ), La regola di S. Vittore di Parigi, Le Consuetudines di S. Rufo di Avignone, Le Consuetudines Marbacenses ( sec. XII in Alsazia ). In Italia abbiamo: L’Ordo Claustralis dei Canonici Regolari di S. Vittore e S. Giovanni in Monte di Bologna ( sec. XII nell’archivio di S. Pietro in Vincoli ), L’Ordo officiorum Ecclesiae Lateranensis ( regolamento dell’antico Priorato dei Canonici Regolari Lateranensi, con una liturgia più antica di quella in uso nella Curia romana ). In queste nuove regole si sottolinea l’esigenza di una vita comune guardando a S. Agostino ma la riforma dei secoli XI e XII non fu fatta in base alla sua regola che ancora non era stata introdotta.
La Regola di S. Agostino era conosciuta e citata in vari documenti come uno dei tanti testi autorevoli del santo di Ippona sulla vita comune perfetta dei chierici ed usata come lettura spirituale nelle varie case, ma soltanto nel secolo XII inoltrato entrò come regola ufficiale sostituendo lentamente le anteriori.
Essa tardò ad imporsi perché inizialmente unita al ”Ordo Monasterii” (non è opera di Agostino ) con prescrizioni tipicamente monastiche che male si adattavano alle comunità clericali. Quando i due testi si separarono, tra il 1120 ed il 1130, la Regola poté proporsi per quello che effettivamente era ed assumere il ruolo base che le spettava.
Comunque troppo breve ed indeterminata per bastare da sola, essa fu sempre accompagnata da statuti e costituzioni che facevano da guida ai religiosi nella vita individuale e collettiva.
V. Le Congregazioni
Già durante la Riforma Gregoriana era molto sentito il bisogno di un vincolo almeno spirituale tra le case. Troviamo sì una “Fraternitas Laicalis”, con laici aggregati ad una casa per partecipare alle opere di carità dei religiosi, alla loro preghiera, ricevendone i suffragi dopo la morte, ed una “Fraternitas” tra le case con una compartecipazione alle opere buone, all’ospitalità reciproca ( per visite temporanee – aiuti – bene spirituale – sostegno nelle varie difficoltà ecc…) e suffragio per i defunti. Ciò però non era considerato un vincolo sufficiente. Ecco quindi che durante la Riforma iniziarono a sorgere raggruppamenti di case della medesima osservanza, con Capitoli Generali, che rappresentavano una via intermedia tra la centralizzazione di alcune congregazioni del XV secolo e l’autonomia completa di altre case. A questi Capitoli Generali partecipavano tutti gli Abati e i Superiori maggiori, avendo esso potere sia legislativo che esecutivo e giudiziario.
Abbiamo quindi sia Capitoli Generali che Congregazioni in senso stretto accanto a Prepositure, Abbazie e Priorati autonomi con aggregate case filiali. Tutti questi raggruppamenti, di diversa struttura, sono comunemente compresi sotto la denominazione di Congregazioni Canonicali.
Le Congregazioni dell’Ordine cercavano di venire a contatto tra loro ( così una casa autonoma con una Congregazione e viceversa ). Si sottolineavano punti di convergenza presenti nelle proprie convenzioni ed i nessi tipici delle Fraternitas ( suffragio, buone opere, ospitalità ecc…)
A volte condividendo le Costituzioni stesse. Al di là di questo, l’autonomia giuridica delle due parti non veniva mai intaccata. Il maggior numero di queste aggregazioni avvenne nei secoli XVII e XVIII in modo particolare con la Congregazione Lateranense, il cui procuratore a Roma si occupava anche degli affari delle Congregazioni aggregate ( ad esempio Windesheim ). Molte Canonìe tedesche ed austriache si associarono ai Lateranensi ( da allora i loro prevosti sono detti Abati Lateranensi, vedi la stessa Congregazione Lateranense Austriaca ), anche la Congregazione Irlandese di S. Patrizio si associò loro assumendone, con i dovuti adattamenti, le costituzioni. Altro esempio ci è offerto dalle due Congregazioni svizzere del G. S. Bernardo e di S. Maurizio tra le quali si instaurò un profondo legame spirituale.
Con l’andar del tempo, soprattutto a causa degli sconvolgimenti politici , tra cui la rivoluzione francese, e religiosi, come la Riforma Protestante, l’efficacia di tali aggregazioni fu messa a dura prova e sfociò, per l’Ordine, in una profonda crisi.
Fu il IX centenario del Sinodo Lateranense ad offrire in fine l’occasione per far nascere la Confederazione dei Canonici Regolari di S. Agostino, alla quale appartengono dal 1974 queste Congregazioni dei Canonici Regolari:
- Congregazione del S.S. Salvatore Lateranense
- Congregazione Lateranense Austriaca
- Congregazione dei Santi Nicola e Bernardo ( G. S. Bernardo )
- Congregazione Elvetica di S. Maurizio di Agauno
- Congregazione Vindesemense ( Windesheim )
- Congregazione dell’Immacolata Concezione.
La Confederazione dei Canonici Regolari di S. Agostino
Inizialmente solo quattro Congregazioni si unirono, mantenendo la propria autonomia, in base ad un Foedus Caritatis. In seguito si associarono ad esse anche la Congregazione Vindesemense e quella dell’Immacolata Concezione.
Le principali finalità della Confederazione sono:
- favorire relazioni più strette tra le Congregazioni
- incrementare le energie di tutto l’Ordine
- aiutarsi a vicenda per quanto riguarda la spiritualità, la formazione dei giovani e gli intenti culturali.
La Confederazione dei Canonici Regolari si ispira a quella Benedettina ma ha una fisionomia propria con un Abate Primate ( scelto a turno tra le varie Congregazioni ) in carica per sei anni, eletto dal Consiglio Primaziale, composto dagli Abati Generali e dai delegati delle singole congregazioni. Ogni tre anni poi si riunisce il Congresso della Confederazione.
Gli statuti della Confederazione (1968) danno anche importanza all’istituto dei “ Fratelli e Sorelle secolari “ ( è la Fraternitas che risale all’epoca più antica ed i cui membri sono aggregati all’Ordine ).
Le sei comunità sopra elencate sono di struttura diversa tra loro, cosa normale ed ovvia vista la storia secolare di autonomie e le varie vicende storiche che le caratterizzano ( per i particolari cfr. col.61-62 )
Attualmente l’Ordine, diviso nelle Sei Congregazioni confederate, è diffuso in Europa, America, Africa e Asia.
VI. La Spiritualità dell’Ordine
Fino alla Riforma Gregoriana, soprattutto nei periodi di fervore, le comunità canonicali cercavano di realizzare una vita dedita alla lode di Dio ed all’incontro collettivi ed individuale con Lui in una relativa separazione dal mondo, mentre allo stesso tempo si dedicavano al ministero delle anime, nel servizio della Chiesa locale e delle Diocesi.
Dopo la Riforma crebbe la consapevolezza di sé, ci fu più organizzazione e sorsero movimenti spirituali più caratterizzati come:
- La scuola di S. Vittore di Parigi, notevole movimento spirituale che puntava sulla ricerca di Dio in tutto ciò che si può conoscere, raggiunse alte vette di contemplazione;
- dal grande movimento della Devotio moderna ha preso avvio la congregazione di Windesheim che poi ne è diventata l’erede e l’ha largamente propagato;
- nei secoli XV e XVI la Congregazione Lateranense svolse un’intensa attività letteraria con molti autori che attingendo alla Devotio moderna, ai Vittorini, a S. Bonaventura e ad altri, proponevano una spiritualità fondata sulla preghiera intima ed affettiva, sulla rinuncia alla propria volontà ed all’uso frequente dei sacramenti.
VII. Apostolato
I Canonici Regolari sono impegnati in modo particolare al servizio della Chiesa locale
( Declaratio del Consiglio Primaziale ).
Forma principale del loro apostolato è il ministero parrocchiale, cui si aggiungono altre forme più o meno straordinarie come la predicazione e l’ospitalità. Già nel medioevo si sono dedicati anche all’apostolato missionario ( S. Vicelino, 1090-1154 con gli Slavi nella Germania del sud ed il suo discepolo Meinardo in Livonia. Nel secolo XVII i Canonici Regolari di San Giovanni Evangelista furono in Congo, Etiopia e India. Nei secoli XIX e XX vi sono state Congregazioni consacrate in modo stabile a questo compito apostolico.
Nel campo liturgico, molto prima del Concilio Vaticano II, sono stati compiuti notevoli sforzi per promuovere la partecipazione dei fedeli alle sacre celebrazioni (Dom Grea e Pio Parsch, canonico regolare di Klosterneuburg ).
L’Ordine fin dall’antichità è impegnato anche nel campo dell’educazione e nella formazione della gioventù.